sabato 11 aprile 2009

Racconto Pasquale

La domenica di Pasqua era uno dei giorni più attesi di tutto l'anno. Non c'erano regali da scartare come per Natale o per i compleanni, ma c'era comunque il pranzo insieme a tutti i parenti, ci si rivedeva e si giocava con i cugini lontani, la mamma e il papà erano un pò più permissivi e spesso si rimediava qualche piccola mancia.
Ma soprattutto, si andava a casa dei nonni.
Dai nonni c'era il giardino, e se faceva abbastanza caldo si poteva giocare a nascondino o andare in bicicletta. Dai nonni c'era quell'odore strano in sala, una stanza che era blindatissima durante tutto l'anno ma che diventava il centro della famiglia in occasioni come quelle.
Dai nonni si poteva anche fare rumore, tanto c'era sempre chi ti difendeva.
Dai nonni, c'erano i Nonni.
E come raccontava le storie il Nonno non le raccontava nessuno.
Quando la mamma fece a Mattia, il più grande dei tre, un cenno con la testa, anche Gioia e Iacopo capirono che avevano il permesso ad alzarsi dal tavolo.
Mentre gli zii ed il resto dei parenti prendevano il caffè, loro si buttarono al collo del nonno Alfredo, implorandolo di raccontargli una delle sue storie. Quella dell'albero d'olivo e il prete del paese era la più richiesta, ma quel giorno il nonno Alfredo volle raccontargli una storia nuova.
Guardò bene se nonna Tina fosse in cucina a preparare il caffè e silenziosamente portò i nipoti in giardino. Il sole riscaldava l'aria e si stava bene seduti sul muretto di cinta, anche se era invaso dalla formiche.
"Stavolta voglio raccontarvi una storia. Una storia nuova, intendo."
Iacopo, col suo Gormiti in mano, già pendeva dalle labbra ormai raggrinzite del nonno. Ad otto anni, il proprio nonno è un supereroe. Si pensa che sia sempre stato nonno, non ti passa nemmeno per la testa che una volta possa aver avuto la tua età.
Gioia, dodici anni da compiere la settimana prossima, era preoccupata a non sporcare con le formichine rosse il suo vestito bianco. A quell'età si fa presto a dimenticarsi dei proprio nonni, nel giro di qualche anno avrebbe avuto da pensare al motorino, ai ragazzi, e le visite si sarebbero fatte sempre più rade.
Mattia, diciassette anni, era già antrato in quella fase. Orecchino al lobo destro, cellulare in continuo vibrare, era sul valico. Poteva essere una delle sue ultime uscite familiari "forzate". Presto avrebbe avuto la giusta indipendenza da poter declinare i pranzi con i parenti ed andare a divertirsi con gli amici.
Per tutti questi motivi, nonno Alfredo decise di raccontargli quanto aveva da raccontare proprio quel giorno.
"Un giorno, quando ero ancora un ragazzo, mi svegliai una mattina e decisi che non sarei andato a lavorare." Come sempre, appena prese la parola i nipoti si ammutolirono.
"Mio padre aveva da fare una consegna, e quindi non poteva accompagnarmi al lavoro. Così ne approfittati e mentre andavo a piedi verso la fabbrica, svoltai sulla destra e mi infilai in un bar. Era un bar dove non ero mai entrato e di fatti non conoscevo nessuno di quelli che stavano dentro. Ordinai un bicchiere di latte e mi sedetti al tavolino più nascosto di tutto il locale. Il timore che mio padre potesse entrare e trovarmi là anzichè al lavoro mi teneva sul chi va là.
Mentre ero lì che sbircio fuori dalla finestra arrivà il mio latte, portato dalla ragazza più bella che io abbia mai visto in vita mia. Me lo ricordo come fosse ora.".
Dietro agli spessi occhiali, gli occhi del nonno Alfredo stavano guardando indietro nel tempo.
Lasciò il bastone e con una mano andò a mezz'aria a prendere un immaginario bicchiere di latte.
"Era circa della mia età. Aveva gli occhi grandi, di un colore misto tra il verde del bosco ed il marrone delle nocciole. Il suo mento era leggermente pronunciato, sfuggente, che gli conferiva una espressione perennemente imbronciata, come se fosse sempre pensierosa. E i capelli ! Aveva dei lunghissimi, meravigliosi capelli rossi che le scendevano sul collo. Un rosso vero, non come quello di vostra zia Rosalba, che se li tinge."
I tre fratelli risero sonoramente ma subito tornarono rapiti ad ascoltare la storia.
"Mi ricordo che rimasi senza parole. Sentivo caldo, mi tremavano le mani. Lei lo notò e mi sorrise imbarazzata, forse più per farmi passare l'imbarazzo che per altro. Si sistemò i capelli dietro l'orecchio e tornò dietro al bancone, a servire gli altri clienti.".
"E tu che hai fatto nonno ?" chiese Gioia.
"Eh, cos''ho fatto. Ero troppo timido. Gli altri clienti andavano sempre in quel posto, la chiamavano per nome, lei sorrideva, poi entrava qualcun altro, ed era sempre indaffarata. Io mi vergognavo troppo ad andare là e parlarle. Così sono rimasto tutto il tempo seduto, al mio tavolo. Non sapevo nemmeno io perchè. Di sicuro non poteva essere interessata a me. Lei era bellissima, simpatica, solare. Però non riuscivo a non guardarla. Qualsiasi cosa facesse sembrava divino. Come porgeva il resto, come passava lo straccio sui vetri, come passava tra i tavoli.".
"Eri innamorato ?" era sempre Gioia quella che faceva le domande.
"Eh...innamorato. Non ditelo a vostra nonna, ma credo di sì. Insomma, se non è essere innamorati quando non riesci a staccare gli occhi da una persona appena conosciuta allora non lo so quando lo si è. Comunque aspetto, aspetto, e verso l'ora di pranzo esco e vado all'angolo della strada che dal bar portava verso casa mia. Se non tornavo per tempo, a casa si sarebbero insospettiti. Ma non ce la facevo. Rimanevo nell'angolo e guardavo verso la porta del bar. In quel momento non ero lucido ma sapevo che stavo sperando che uscisse. E infatti fu così. Uscì e si diresse verso di me. Io tremavo. Non sapevo che fare, non avevo più saliva e lei era sempre più vicina. Così feci la prima cose che mi venne in mente. Quando mi fu abbastanza vicina gli andai a sbattere addosso."
"Che cosa? " Stavolta era Mattia ad intervenire.
"Che dovevo fare. Così si sarebbe accorta di sicuro di me. La aiutai a raccogliere ciò che le era caduto e mi presentai. Il suo nome l'avevo già sentito da qualche cliente ma ascoltarlo da lei fu tutta un altra musica. Si chiamava Valentina."
"E poi ?"
"La accompagnai a casa. Ero in ritardissimo ma le sgrida di mia madre non mi facevano paura, pur di stare qualche altro minuto con lei. Mi bastava starle vicino, guardarla. Raccolsi tutto il coraggio che avevo e le chiesi di rivederci. Lei mi disse che era impegnata con il lavoro e che non lo sapeva. In quel momento avrei voluto piangere. Avevo un blocco...qui..." e si battè sul petto "che mi sentivo male. Lei ancora una volta lo capì, e mi disse che forse la domenica seguente era libera. Correndo di felicità tornai a casa, avevo un sorriso enorme, non vedevo l'ora che arrivasse domenica. Ogni tanto controllavo l'orologio ma il tempo scorreva sempre più lento. Poi arrivò la domenica. Mi vestii di tutto punto ed uscii. Non sapevo dove cercarla, ma sapevo che l'avrei trovata comunque. In piazza, mi venne incontro una ragazza ancor più bella dell'altra mattina. Aveva lasciato i panni da lavoro ed indossava un vestito bianco, con dei sandali marroni. La pelle bianca come la luna faceva da amplificatore al colore rosso dei suoi capelli. Mi salutò ma mi mancò il fiato. Poi lo recuperai e risposi al saluto. Quella fu la prima di una lunga serie di domeniche in cui ci incontrammo. Ci vedevamo ogni settimana. Andavamo nei campi e ci sdraiavamo sotto ad un albero. Sempre lo stesso. C'era molta sintonia. Parlavamo di tutto, di cosa fare da grandi, di cosa ci piacesse, cosa pensavamo di noi. Ma soprattutto passavo le ore ad accarezzargli i capelli. Aveva i capelli morbidi, lisci. Glieli toccavo e a lei piaceva che glieli toccassi. Non esistono donne come quelle dai capelli rossi. Ricordatevelo. Una donna con i capelli rossi non si dimentica mai. Mai. Non ditelo alla nonna, ma non credo di essere mai stato bene in vita mia come in quei pomeriggi sotto l'albero. Semplicemente, la vita là sotto era stupenda. Non c'erano lavoro, soldi, problemi, niente. Io e lei. E basta. "
"E poi come è andata a finire?"
"Eh... Con l'arrivo dell'inverno i pomeriggi sotto l'albero finirono. Io venni promosso alla fabbrica e avevo molte altre responsabilità. Mi sposai, nacque vostra madre, e tutta la storia che già sapete incominciò. Ora torniamo dentro e mi raccomando, acqua in bocca."
Iacopo a metà storia si perse, pensando a chissà quali avventure fantastiche.
Mattia rimase colpito dalla storia. Contrariamente a quanto pensato il nonno aveva avuto un'altra fidanzata da giovane, e da come ne parlava sembrava che ne fosse ancora innamorato. La sua ragazza era castana, e non riusciva a capire cosa facesse delle rosse delle donne così speciali.
Gioia era una ragazza e certe cose le capiva subito.
Le lentiggini che le riempivano il viso durante l'estate erano più che una prova.
Invecchiando i capelli diventano bianchi, in famiglia si passa a chiamarsi per nomignoli, ma un amore del genere non finsice sotto un albero.


FINE



1 commento:

vascheta ha detto...

Ho l'effetto "aereo, destinazione madrid, oh guarda, un piccolo tenero coniglietto rosa".

Quelle cose che non te le aspetteresti mai, ma accadono.
Accadono.. ^m^